giovedì 30 gennaio 2014

Sinto il pugile zingaro Il 9 febbraio del '43 Johann Trollmann

"Rukelie" Trollmann, il pugile zingaro
che ridicolizzò il Terzo Reich
Johann Trollmann è soltanto uno dei 500.000 Rom e Sinti vittime del "Porrajmos",
Il tedesco è stato uno dei primi divi della boxe tedesca, ma era Sinti e non poteva essere tollerato dal regime nazista. La sua vita finì nel febbraio del 43' per mano di un kapò al quale aveva inflitto una dura lezione sul ring.
Il 9 febbraio del '43 Johann Trollmann è il detenuto numero 721/1943 e si trova all'esterno del campo di Neuengamme, nei pressi di Amburgo. È il suo turno di lavoro, indossa dei guantoni da boxe e non si accorge che il rumore dei passi di Emil Cornelius diventa sempre più assordante. Quel kapò disgraziato sta meditando la vendetta perché un paio di giorni prima è stato messo al tappeto proprio da Trollmann in un combattimento organizzato davanti a tutti i prigionieri e alle SS del lager. Uno sgarbo troppo grande. Da uno zingaro poi. Una pallottola lo condanna a essere un dimenticato dalla storia.
Johann Trollmann è soltanto uno dei 500.000 Rom e Sinti vittime del "Porrajmos", termine romanì traducibile in italiano con divoramento, distruzione o devastazione. Uno sterminio sconosciuto e quasi ignorato durante il processo di Norimberga. Basti pensare che il Dr. Robert Ritter e la sua assistente Eva Justin, fautori delle teorie discriminatorie sugli zingari, non furono condannati a nessuna pena per insufficienza di prove e dopo la guerra continuarono a lavorare come psicologi in strutture pubbliche.
Trollmann era un pugile straordinario. Un pugile tedesco nato da una famiglia sinti. Lo avevano soprannominato Rukelie ("albero") per la bellezza del suo fisico atletico, quasi fosse un baobab malgascio. Il fascino dei suoi riccioli scuri richiamava in platea un nutrito gruppo di fan donne e lo collocava già all'epoca nella categoria dei divi. Per Rukelie stare sul ring era come
stare sul palcoscenico dell'Opéra di Parigi o del Metropolitan di New York. I suoi movimenti veloci e tecnicamente impeccabili lo avevano eletto a primo ballerino della boxe. Uno stile tutto suo che molti anni dopo avrebbe caratterizzato anche Muhammad Ali.
La vita di Rukelie e le nefandezze del nazionalsocialismo si incrociano nel gennaio del 1933 quando vengono riorganizzati i club di pugilato in Germania e cominciano le persecuzioni di atleti non ariani. Il ring, d'ora in avanti, diventa un eccellente strumento di propaganda razziale, come teorizza Hitler nel suo Mein Kampf: "Nessun altro sport desta in così alto grado lo spirito di assalto, esige così fulminea decisione, rende forte e flessibile il corpo".
Arriva la notte del 9 giugno, la notte dello scontro per la corona dei pesi medi alla birreria Bock in Fidicin Strasse. A contendere il titolo a Trollmann c'è Adolf Witt. Poca cronaca, in sei round lo zingaro stende l'ariano. Per Rukelie è la vittoria più bella, la più importante e prestigiosa. Ma qualcosa non va. Dal pubblico si leva una voce. È quella di Georg Radamm, gerarca nazista e presidente del Deutscher Faustkämpfe, l'associazione dei pugili tedeschi. Ordina agli arbitri di far terminare la contesa in pareggio. La superiorità fisica della razza ariana presa a pugni da uno zingaro, sai che vergogna. Il pubblico non vuole essere complice di questa farsa, sa che Trollmann è il vincitore e dopo le proteste Rukelie diventa il nuovo campione tedesco dei pesi medi. Gli gettano al collo la corona e lui piange di felicità. Anche gli alberi hanno un cuore.
Qualche giorno dopo Trollmann legge una lettera scritta dalla federazione. Non è più il detentore del titolo perché le lacrime "non sono degne di un vero pugile". La corona dei medi è nuovamente libera e corre all'incontro del 21 luglio. Sul ring Trollmann si trova di fronte a Gustave Eder, un altro colosso ariano. Lo zingaro è il più forte, non dovrebbe poi avere tanti problemi. Ma le restrizioni delle SS arrivano ancor prima dell'inizio del match. Rukelie è costretto a non muoversi, a rimanere al centro del ring altrimenti può dire addio alla licenza di pugile. Delle siringhe di veleno per uccidere un albero secolare. Lui capisce tutto e si presenta in una veste mimica che probabilmente avrebbe fatto sentire piccolo anche un maestro come Buster Keaton. I capelli tinti di biondo e il corpo cosparso di farina, praticamente la perfetta caricatura dell'ariano stereotipato. In cinque round Rukelie calpesta un'ideologia vuota e malata con il coraggio di chi è in grado di ironizzare anche nella tragedia, ma subisce la sconfitta definitiva. Di pugile e di uomo.
Con le leggi razziali di Norimberga la persecuzione di Rom e Sinti si accentua sempre più e per l'ormai ex pugile inizia il calvario della deportazione. Nel lager di Neuengamme incontra, ironia della sorte, un collega sportivo. Tull Harder non è però nella sua stessa situazione. L'ex centravanti dell'Amburgo è iscritto al Partito Nazista, è un membro delle SS e partecipa allo sterminio di massa. Da adesso, e fino al 9 febbraio del '43, la storia di Trollmann si collega alle altre 499.999 perché Rukelie è soltanto un esempio dell'olocausto globale e dimenticato della popolazione zingara. Nel 2003, dopo sessant'anni di indifferenza, la federazione dei pugili professionistici tedeschi ha restituito agli eredi la sua cintura da campione.
 (27 gennaio 2014) di ADRIANO LO MONACO www.repubblica.it

Nessun commento:

Posta un commento